A cosa serve lo stretching e a cosa non serve
Quante volte ti è capitato di sentire che è importante inserire lo stretching all’interno di un programma di allenamento o di un percorso riabilitativo?
Alcuni professionisti te lo avranno proposto all’inizio, altri alla fine, alcuni ti avranno detto che è fondamentale che sia “dinamico”, altri che sia “statico”.
In questo articolo, supportato dai più recenti studi scientifici, mi prefiggo il compito di provare a mettere chiarezza una volta per tutte su alcuni punti fondamentali tra cui:
Lo stretching:
- previene gli infortuni?
- influenza la postura?
- e molti altri.
Iniziamo descrivendo i vari metodi di stretching maggiormente utilizzati:
1) Stretching statico
È sicuramente il metodo più famoso.
Si basa sull’allungare un gruppo muscolare fino al suo massimo e resistere almeno 30 secondi o più. Spesso viene fatto eseguire per 3-4 volte.
Esistono due sottogruppi: lo statico attivo e quello passivo.
Nell’attivo il soggetto stesso applica attivamente una forza maggiore andando ad aumentare la sensazione di tensione.
In quello passivo per aumentare la tensione invece si utilizza uno strumento esterno (peso) oppure una seconda persona che applica una forza esterna.
2) Stretching dinamico
A differenza di quello statico, lo stretching dinamico si pone l’obbiettivo di aumentare la flessibilità del corpo eseguendo attivamente quei movimenti o gesti che verranno poi riprodotti durante l’attività dall’atleta. (Ad esempio: affondi camminati per un corridore, staffette o salti verticali per un giocatore di basket).
Sempre a differenza dello statico, essendo lo stretching dinamico un lavoro attivo, si otterrà anche un aumento della circolazione sanguigna del corpo con conseguente riscaldamento muscolare e un aumento della capacità respiratoria.
A tal proposito, è stato dimostrato come questa modalità di stretching e di riscaldamento risulti migliore rispetto a quella statica per la performance prima di una competizione.
Ciò potrebbe dipendere da molteplici fattori tra cui proprio l’aumento della temperatura dei tessuti e l’aumento della circolazione.
3) Stretching balistico (o molleggiato)
In questo stretching si raggiunge il massimo dell’allungamento passivo possibile e si iniziano a fare dei molleggiamenti.
C’è il rischio però che, se eseguito un movimento di molleggiamento troppo ampio all’inizio, si possa incorrere in infortuni.
Sembrerebbe quindi indicato eseguire molleggiamenti lenti e poco ampi inizialmente per poi aumentarli in maniera graduale.
4) PNF (Facilitazione Muscolare Propriocettiva)
Questa tecnica include 3 tipologie di allungamento:
- “tieni e rilassa” (resistere ad una forza contraria per qualche secondo, rilassare e aumentare passivamente la tensione del muscolo).
- “contrai e rilassa” (dopo aver raggiunto una fase di allungamento sopportabile del muscolo da trattare, si chiede alla persona di contrarre volontariamente quel muscolo e una seconda persona crea una resistenza leggera. Ripetere più volte).
- “tieni e rilassa con contrazione del muscolo agonista” (come il primo solo che, raggiunto il massimo allungamento, contrai volontariamente il muscolo che esegue quel dato movimento che vogliamo aumentare.
Dopo aver descritto i principali tipi di stretching, ora entriamo più nel vivo dell’argomento.
Che cosa fa lo stretching?
In termini semplici, è una tecnica che si prefigge l’obiettivo di aumentare la flessibilità del corpo o di un muscolo specifico.
Come funzioni e quale azione abbia a livello muscolare e neurale è ancora oggi oggetto di dibattito.
La teoria maggiormente accreditata è che migliori la tolleranza all’allungamento muscolare per un breve periodo di tempo ma che non ne migliori effettivamente la lunghezza. Quale sia il meccanismo effettivo però non è stato ancora compreso fino in fondo.
Cosa vuol dire “migliorare la tolleranza all’allungamento”?
Significa che il muscolo prima di iniziare a “tirare” può sopportare una maggior tensione e conseguentemente dare l’impressione di essersi allungato.
Può lo stretching modificare la postura?
Questa domanda nasce spesso dall’errata concezione che la postura sia strettamente correlata con l’insorgenza di dolori o infortuni.
È ormai largamente abbandonata in quando priva di fondamenti e assolutamente non supportata dalla letteratura scientifica.
Tornando alla domanda iniziale, molteplici studi hanno evidenziato come lo stretching abbia effettivamente un effetto positivo sul migliorare la mobilità ma assolutamente non modifichi la postura.
Può lo stretching aumentare la performance sportiva?
Nonostante venga generalmente ritenuto che un’aumentata flessibilità abbia un effetto positivo nel ridurre il rischio di infortunio in ambito sportivo, è stato invece dimostrato più volte che questa maggiore flessibilità non è così efficace in termini preventivi come si è creduto fino ad oggi.
Similmente, l’importanza dello stretching come forma di miglioria della prestazione sportiva, sta perdendo credito.
È stato fino ad oggi ben dimostrato come applicando una serie di allungamenti statici prima di un’attività, si ottenga invece una perdita di forza nel breve termine (1 ora più o meno).
C’è da considerare però che applicando una forma leggera di stretching, si ottengono riduzioni di performance e forza solo tra lo 0 e il 4%.
Ulteriore precisazione: la perdita di forza viene associata solo dopo uno stretching statico ma non compare dopo lo stretching dinamico.
Lo stretching previene gli infortuni?
Come già precedentemente affrontato, pare che il singolo utilizzo dello stretching prima di una competizione sportiva determini una riduzione della capacità del muscolo di esprimere forza e reattività.
Allo stesso modo utilizzare il solo stretching statico come prevenzione agli infortuni, non sembra essere una scelta efficace.
Da recenti studi compare invece come un programma di rinforzo progressivo sia maggiormente efficace nella riduzione e nella prevenzione degli infortuni oltre che nel miglioramento della flessibilità muscolare.
Perciò se stai cercando un modo per prevenire gli infortuni ti consiglio caldamente di concentrarti in programmi di rinforzo e di allenamenti specifici piuttosto che al solo stretching.
Quindi perchè fare stretching?
Non c’è una risposta semplice a questa domanda.
Perché in effetti non sembrano esserci effetti particolarmente dannosi a meno che lo stretching non venga effettuato in maniera “aggressiva” immediatamente prima di una competizione: causando diminuzione di forza e reattività muscolare.
Ad ogni modo, concludendo, ritengo molto importante inserire lo stretching all’interno del tuo programma di allenamento se dopo averlo fatto ti accorgi di sentirti meglio o semplicemente se migliora il tuo stato mentale prima di un allenamento o di una competizione.
Spero di averti aiutato a chiarire le idee, a maggiormente comprendere i meccanismi che sottendono a questa particolare tecnica e ad aver capito cosa fare o non fare.